II DOMENICA DI QUARESIMA (anno C)
Gen 15,5-12.17-18; Sal 26; Fil 3,17-4,1; Lc 9,28b-36
16 Marzo 2025
Dal deserto, prima Domenica di Quaresima, al monte della trasfigurazione, seconda Domenica di Quaresima, dall’incontro con Gesù messo alla prova, tentato, al Gesù trasfigurato, anticipazione della gloria della Resurrezione.
In questa Domenica diventiamo consapevoli che il fine del cammino quaresimale e di tutta la nostra vita è contemplare il Signore nella gloria ed essere partecipi della Sua gloria.
Entriamo in dialogo con l’esperienza della Trasfigurazione di Gesù, dinanzi a Pietro, Giovanni e Giacomo, partendo proprio dal contesto in cui questa esperienza è inserita.
Gesù ha appena annunciato ai suoi, per la prima volta, la sua passione vicina: “Il Figlio dell’Uomo deve soffrire molto, essere rifiutato, venire ucciso”.
Immaginiamo per un attimo la reazione dei suoi che avevano lasciato tutto per mettersi alla Sua sequela, alcuni, tra l’altro, nutrivano sogni di potere, e dinanzi a questa prospettiva sperimentano depressione, scoraggiamento e frustrazione.
Ecco allora la grande pedagogia di Gesù: “Prese con sé Pietro, Giovanni e Giacomo e salì sul monte a pregare. Mentre pregava, il suo volto cambiò di aspetto e la sua veste divenne candida e sfolgorante. Ed ecco, due uomini conversavano con Lui: erano Mosè ed Elia, apparsi nella gloria, e parlavano del suo esodo, che stava per compiersi a Gerusalemme”.
Gesù sente il bisogno di vivere più intensamente il rapporto col Padre, ha necessità di ascoltare la Sua Parola, per questo sale sul monte per dedicarsi alla preghiera, entrando in quell’incontro intimo con Dio, come spesso faceva nel suo cammino di vita.
L’evangelista Luca è sempre molto attento alla dimensione della preghiera, non solo di Gesù.
In questa immersione di Gesù, accade la rivelazione rivolta ai tre discepoli, che così vengono costituiti “testimoni della Sua gloria” (cfr. 2Pt 1, 16).
“Secondo il racconto di Luca il volto di Gesù appare “altro” (héteron), le sue vesti raggianti di luce, scintillanti. Per noi umani questa è la visione della gloria: percepiamo un mutamento di Gesù, contempliamo il cambiamento del suo aspetto, la sua forma “altra”, la sua “trasfigurazione” (“fu trasfigurato”: Mc 9,2; Mt 17,2). A prescindere dall’inadeguatezza delle nostre parole, la realtà è che Gesù viene percepito nella Sua alterità: l’uomo Gesù, che i tre discepoli seguivano come profeta e Messia, ha un’identità altra, non ancora rivelata, ma che con questo evento si rivela loro momentaneamente, per allusione, comunque in modo sufficiente a trasformare la loro fede in Lui.
Qui non riusciamo a dire molto di più, balbettiamo, ci sentiamo alla presenza di un evento che chiede soltanto la nostra adorazione. Nel corso dei secoli, alla lettura di questo brano, i cristiani si sono molto interrogati. Nella tradizione orientale si è giunti a pensare che in verità Gesù sia rimasto lo stesso, mentre sono stati gli occhi dei discepoli a subire una trasfigurazione, fino a essere resi capaci di leggere e vedere ciò che quotidianamente non vedevano (cfr. Giovanni Damasceno)” (cfr. Enzo Bianchi).
Ci sono anche altre interpretazioni dell’evento: alcuni cristiani hanno pensato e pensano ancora che in questa esperienza Gesù abbia concesso agli apostoli di vedere la Sua gloria, altri preferiscono vedere in essa una anticipazione della Pasqua. Penso che al di là di ogni “lettura” possiamo sostenere che in questa esperienza Gesù appare nella sua vera identità: Sì, quell’uomo era il Figlio di Dio!
A testimoniare questa identità di Gesù intervengono, nel racconto di Luca, Mosè ed Elia che gli sono accanto e gli parlano del Suo “esodo”, della Sua fine, della Sua morte che avverrà presto a Gerusalemme.
Dinanzi a questa esperienza, che è mistero, Pietro, Giovanni e Giacomo sono oppressi dal sonno e non riescono a vincerlo e quindi a contemplare la gloria di Gesù. Pietro, sempre lui, mi piacerebbe dire nel bene e nel male, catturato da una sorta di estasi, chiede a Gesù di rendere quel momento durevole, stabile, quasi eterno.
E mentre Pietro sta ancora parlando in modo estatico, ecco venire la nube della Shekinah, della Presenza di Dio, che li avvolge generando nei discepoli timore e tremore. Percepiscono la Presenza di Dio ma non la vedono, sono completamente dentro Dio e ascoltano provenire dalla nube una voce che ribadisce l’identità di Gesù e invita i discepoli ad ascoltarlo: “Questi è il Figlio mio, l’eletto, ascoltatelo!”
Siamo nella rivelazione completa dell’identità di Gesù ai tre discepoli.
Il racconto dell’evento della Trasfigurazione si conclude nel silenzio: Gesù è di nuovo solo con i tre, che non parlano, che non sapranno raccontare ciò di cui hanno fatto esperienza, almeno fino all’evento della Resurrezione, di cui la Trasfigurazione è segno e profezia.
Entriamo anche noi dentro l’esperienza della Trasfigurazione con un atteggiamento di profonda preghiera consapevoli che Gesù è il Figlio di Dio, alla cui scuola dobbiamo metterci in ascolto, per imparare da Lui a vivere da credenti nel mondo.
«Ciò che per gli occhi del corpo è il sole che vediamo, lo è [Cristo] per gli occhi del cuore» (Agostino, Sermo 78, 2: PL 38, 490).
Buona Domenica.
✠ Francesco Savino