III Domenica del tempo Ordinario (anno c)

Ne 8,2-4.5-6.8-10; Sal 18; 1Cor 12,12-30; Lc 1,1-4; 4,14-21

26-01-2025

Lasciamoci interrogare, entrando in dialogo profondo, con il Vangelo di Luca così composto: l’incipit, l’inizio, del suo Vangelo e poi alcuni versetti del IV capitolo. I due brani sono ben concatenati sia logicamente che teologicamente.

Nel brano iniziale l’evangelista Luca si rivolge al lettore cristiano, Teofilo, “amante di Dio”, dichiarando la sua intenzione: anche lui come altri, dopo aver condotto “accurate ricerche” e accogliendo la testimonianza di quelli che avevano conosciuto e ascoltato Gesù diventando “servi della Parola”, ha deciso di scrivere un racconto, un Evangelo, che oggi incontra noi e genera in noi ciò che la Parola ha sempre prodotto in chi si fa ascoltatore attento di essa.

L’evangelista ci racconta che Gesù “venne a Nazareth, dove era cresciuto e, secondo il suo solito, di sabato, entrò nella sinagoga e si alzò a leggere”. A Gesù viene consegnato “il rotolo del profeta Isaia” in cui un anonimo profeta racconta la sua vocazione: lo Spirito di Dio è sceso su di lui e, con la forza dello Spirito, questo profeta e servo del Signore è stato inviato a portare una buona notizia ai poveri, a proclamare la liberazione dall’oppressione e un tempo di misericordia del Signore (cfr. Is 61, 1-2). Gesù dopo aver proclamato il testo profetico commenta e spiega con una parola molto cara alla teologia dell’evangelista Luca: oggi!

“Oggi si è compiuta questa scrittura che voi avete udito”.

“Gesù si presenta come il compimento di quello “sta scritto”, di quella parola antica; Gesù capisce e proclama che quella non è parola morta e passata, ma che si realizza in un oggi che lo riguarda e che riguarda tutti gli uomini. La Scrittura davvero non è una parola morta che si commenta per la sua bellezza e profondità come tante pagine della letteratura umana, la Scrittura contiene una Parola viva che Dio dice a chi davvero si pone in ascolto e che si realizza “oggi”, in ogni oggi dell’uomo che ascolta!” (Fabrizio Cristarella Orestano).

È veramente significativo l’atteggiamento di tutti coloro che erano nella sinagoga: gli occhi di tutti erano fissi su di Lui! A Nazareth c’è un sogno che non rimane sogno ma che in Gesù diventa realtà: il sogno di un mondo nuovo. Il programma di Gesù consiste nel portare gioia e libertà. Le parole lette nella sinagoga e che trovano realizzazione nell’“oggi” di Gesù sono parole di speranza, di fiducia reale e concreta per chi è stanco, è vittima, non ce la fa più.

Dio ha sofferto vedendo Adamo, l’uomo, diventare povero, cieco, oppresso, prigioniero, e un giorno è sceso, si è fatto uomo per rendere l’uomo “divino”, per accompagnarlo in un processo di autentica liberazione. Ha fatto risplendere la vita! Dio ha avuto sempre come obiettivo non se stesso ma noi che siamo il suo scopo.

Ecco la rivoluzione di Gesù: non è l’uomo che esiste per Dio ma è Dio che esiste per l’uomo, e considera ogni persona “povera”, “fragile”, più importante di se stesso.

“E poi Gesù spalanca ancora di più il cielo, delinea uno dei tratti più belli del volto del Padre: «Sono venuto a predicare un anno di grazia del Signore», un anno di grazia, di cui Gesù soffia le note negli inferi dell’umanità (R. Virgili); un anno, un secolo, mille anni, una storia intera fatta solo di benevolenza, a mostrare che Dio non solo è buono, ma è soltanto buono. «Sei un Dio che vivi di noi» (Turoldo). E per noi: «Non ci interessa un divino che non faccia fiorire l’umano. Un divino cui non corrisponda la fioritura dell’umano non merita che ad esso ci dedichiamo»” (D. Bonhoffer). Forse Dio è stanco di devoti solenni e austeri, di eroi dell’etica, di eremiti pii e pensosi, forse vuole dei giullari felici, alla san Francesco, felici di vivere. Occhi come stelle. E prigionieri usciti dalle segrete che danzano nel sole. (M. Delbrêl)” (cfr. Ermes Ronchi).

Buona Domenica.

            Francesco Savino

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