IV Domenica di Quaresima anno c

30-03-2025

IV  DOMENICA  DI  QUARESIMA  (anno C)

Gs 5,91.10-12; Sal 33; 2 Cor 5,17-21; Lc 15,1-3.11-32

 

30  Marzo  2025

 

Oggi celebriamo la domenica della gioia, della gioia vera e piena.

Gioia, parola che rimanda alla totale gratuità di chi la vive e la offre come dono, perché eccedenza di amore. Anche una visione laica, attenta e perspicace ne descrive la sostanza. “La gioia è qualche cosa di indipendente da qualunque evento. Non tiene nemmeno conto dell’io, cioè di colui che prova felicità, ma deriva da una visione ampia, globale della condizione esistenziale dell’essere nel mondo, dentro la variabilità delle esperienze e del loro effetto immediato. La grande differenza risiede proprio nel fatto che il soggetto passa con la gioia dall’io al noi, dalla dimensione ristretta a quella cosmica”. (Vittorino Andreoli, La gioia di vivere)

Siamo interpellati, dunque, a tutto tondo, dalla parabola del Padre misericordioso, la parabola più nota, direi anche più bella, più spiazzante. Proprio perché famosa leggiamola come se fosse la prima volta, cogliendone la bellezza e la profondità.

Si articola in quattro scene narrative. 

La prima scena. Un uomo aveva due figli. L’inizio non può che generare tensione, perché sappiamo che nella Sacra Scrittura le storie tra fratelli non sono mai facili, spesso testimoniano violenza e menzogna. C’è sempre dolore, spesso muto, dei genitori. Il padre di questa parabola è un padre veramente diverso! Dinanzi alla richiesta del figlio di avere la parte del patrimonio che gli spetta, non ostacola la sua decisione. Rispetta la sua libertà che, come sappiamo, è condizione per il nostro processo di umanizzazione, ma al tempo stesso è ambigua ed equivoca.

Seconda scena. Il giovane figlio inizia la sua vita e comincia a fare delle scelte che lo porteranno a vivere una vita disperata: sperperò il denaro vivendo da dissoluto. Strada facendo incomincia a perdere la sua dignità, la sua umanità: da sognatore diventa servo, un porcaio che ruba ghiande per sopravvivere. A questo punto ha un momento di resipiscenza, rientra in sé e ripensa alla casa di suo padre con tutte le sue bellezze. Decide di ritornare non più da figlio ma come uno dei tanti servi di casa sua: trattami come un salariato. Sapientemente annota Ermes Ronchi: “Non osa più cercare un padre, cerca solo un buon padrone. Non torna perché ha capito, torna per fame. Non per amore, ma per la morte che gli cammina a fianco paziente”.

Terza scena. La trama del racconto cambia, tutto si fa incalzante. Il figlio ormai ha deciso di ritornare e il padre, che da quando è andato via, lo custodisce nel suo cuore, lo attende e scruta da lontano la sua presenza, lo vede e gli corre incontro. Constatiamo: l’uomo cammina, Dio corre. L’uomo si avvia, Dio è già arrivato. Non gli pone domande che di solito si pongono quando una persona ha sbagliato e poi ritorna. Lo ha già perdonato, nel suo cuore non è cambiato nulla, il padre è veramente e solamente felice per questo ritorno a tal punto che gli prepara una bella festa facendogli indossare il vestito più bello.

Quarta scena. Il protagonista è l’altro figlio che torna dai campi. Si rende conto che è in atto a casa sua una festa. Si è informato e ha appreso che suo fratello è tornato. Si indigna! Non sa gioire per il ritorno del fratello. Non comprende la scelta del padre, anzi lo rimprovera dicendogli: “Ecco, io ti servo da tanti anni e non ho mai disobbedito al tuo comando, e tu non mi hai dato un capretto per fare festa con i miei amici. Ma ora che è tornato questo tuo figlio, il quale ha divorato le tue sostanze con le prostitute, per lui hai ammazzato il vitello grasso”. La risposta del padre lo spiazza, come spiazza tutti noi, credenti di oggi nel leggere e meditare questa parabola: “Figlio, tu sei sempre con me e tutto ciò che è mio è tuo, ma bisognava far festa e rallegrarsi perché questo tuo fratello era morto ed è ritornato in vita, era perduto ed è stato ritrovato”.

Nel contesto della parabola, come annotano, ritengo giustamente, alcuni studiosi, il “figlio maggiore” rappresenta quei farisei e scribi che contestavano Gesù perché accoglieva i peccatori e mangiava con loro. Gesù è la misericordia incarnata di Dio, è il medico che guarisce i malati, è colui che è venuto non per i giusti ma per i peccatori. L’amore di Gesù, di cui la misericordia è una dimensione, è asimmetrico e senza condizioni. È pura gratuità! È grazia assoluta! La gioia è proprio il frutto di chi nella vita fa questa esperienza dell’amore di Cristo, incondizionato ed eccedente.

“Se sarete colmi di gioia, la gioia risplenderà nei vostri occhi
e nel vostro aspetto, nella vostra conversazione e nel vostro appagamento. Non sarete in grado di nasconderla poiché la gioia trabocca”. (Madre Teresa di Calcutta)

Auguro a tutti una gioia piena in questa Domenica.

   Francesco Savino

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