Tt 3, 1-7; Sal 22; Lc 17, 11-19

Mercoledì della XXXII settimana del tempo ordinario

70° Compleanno di mons. Francesco Savino

13-11-2024

 

Fratelli e sorelle carissimi,

la nostra comunità ritrova oggi il santo Crocifisso nel suo splendore, che deve molto a chi ne ha curato con competenza e amore il restauro, ma supera il lavoro umano. Gesù è bello in sé stesso, di una bellezza che muove il genio degli artisti, così come trasforma ognuno di noi.

 

È la sua stessa bellezza che devo e voglio celebrare nel giorno del mio compleanno, che sono grato ai fratelli nel presbiterio di aver voluto vivere con me condividendo l’Eucaristia. In questo invito, che si è allargato a tutti voi, è il segreto della gioia che ci unisce: non soltanto abbiamo ricevuto il dono della vita, ma anche il dono di un senso per la vita. Prima di donarvi qualcosa di me – e vi confesso: vorrei saper donarvi tutto di me – ho ricevuto io stesso un dono che sorpassa ogni intelligenza. Come il lebbroso del vangelo sono qui a riconoscerlo. Il racconto di Luca ci suggerisce: nove volte su dieci non accade. Confesso di avere peccato anch’io di quella distrazione che non riconosce le meraviglie di Dio. Esiste però la grazia ed esistete voi, così che la coscienza riesce ad avere quel sussulto che salva. Sì, perché il vangelo questo ci suggerisce: che il miracolo non è tanto essere guariti, ma riconoscerlo; che il miracolo non è essere amati, ma confessarlo. Tra voi, dunque, famiglia mia – centuplo che il Signore mi ha promesso e mi ha dato – riconosco il bene che tra mamma, papà, sorelle e persone care mi ha accolto sin dai primi vagiti, portandomi a Gesù, ragione e bellezza della vita. Così avviene ancora oggi. Come disse un grande filosofo: pensare è ringraziare.

 

Il vangelo di oggi si apriva così: «Lungo il cammino verso Gerusalemme, Gesù attraversava la Samarìa e la Galilea». Nel linguaggio di Luca questo cammino è la direzione fondamentale della sua vita: porta alla croce, che Luca chiama “lo spettacolo” della croce. Porta dunque, incontro dopo incontro, su una strada in salita, alla meraviglia assoluta che si può rivelare solo donando tutto. Vivere è uscire di sé. Qualcuno di Gesù lo pensò: una volta «uscirono per andare a prenderlo, perché dicevano: è fuori di sé». Si trattava di chi l’aveva visto crescere a Nazareth, di quelli di casa sua. Vedete, cari fratelli e care sorelle, talvolta proprio chi ci vuol bene è come se per custodirci ci trattenesse, ma vivere è rispondere a una chiamata che lo Spirito accende in noi come un fuoco. Non spegniamo questo fuoco! I territori che Gesù attraversava erano sospetti e proibiti: la Samarìa era interdetta a ogni ebreo diretto a Gerusalemme, la Galilea un territorio promiscuo, dove credenti e non credenti vivevano e lavoravano insieme, mescolando tempo e idee. Sono questi territori umani quelli in cui Dio accende il fuoco della vocazione. Lo sapete: benedico il Signore per la mia giovinezza, per i turbolenti anni Sessanta e Settanta. Là il fuoco si è acceso, quando ricevendo nel cuore della contestazione giovanile il vangelo di Marco da un prete attento, ho riconosciuto in Gesù la vera rivoluzione, quella che doveva iniziare prima in me, che fuori di me. Da allora, nella Chiesa, circondato da un gran numero di testimoni e oggi confermato insieme a tutti voi dal Magistero di papa Francesco, ho trovato Dio alle periferie dell’esistenza. Camminiamo insieme, ancora e ancora, verso Gerusalemme, attraversando la Samarìa e la Galilea.

 

Ai più esperti nella geografia un particolare sembrerà strano. Per raggiungere Gerusalemme, Gesù avrebbe dovuto attraversare la Galilea prima, la Samarìa poi, arrivando infine in Giudea, nella città santa: da nord a sud. Al contrario, Luca scrive di un Gesù in Samarìa e poi in Galilea: in quella direzione a Gerusalemme non sarebbe mai arrivato. È curioso e mi fa pensare che raramente la strada giusta è quella diritta. La via del nostro esodo è poco programmabile: si capisce solo alla fine se ha avuto un senso, una coerenza. Quella di Gesù è stata una vita totalmente orientata a Gerusalemme. Eppure, non aveva un programma, la mappa si è generata incontro dopo incontro, la logica del tutto è emersa solo guardando a ritroso. E noi ancora scaviamo nel suo cammino, nei suoi incontri, e la luce si fa via via più intensa. Affido per questo la mia vita a ciò che Dio ha in serbo per me: come voi non lo conosco. Dio scrive dritto sulle nostre righe storte. Quello che sembra talvolta un girovagare, chiede il fuoco vivo di una chiamata cui rispondere, di una voce da ascoltare. Nessuno di noi è solo in questo. Anche Gesù ha camminato con i suoi e ha scavalcato regole e barriere per incontrare ciascuno. Così ci apriamo al Regno di Dio, di cui questo mondo spaventato e gravemente malato ha bisogno per sperare ancora.

 

Il santo Crocifisso, testimone del cammino di questa comunità e dei suoi abitanti, compagno di tanto dolore, vittima di antiche e nuove ingiustizie che si consumano nei nostri territori, riaccenda in noi amore e intelligenza, desiderio di futuro e volontà di opporre al male il bene. Siamo i suoi discepoli amati. Per questo, per Lui, venire al mondo è una benedizione. Per Lui è bello aprire gli occhi ogni mattina e chiuderli al sicuro ogni sera. Per Lui e in Lui, la stessa fine sarà un inizio, la morte un incontro, la meta un abbraccio.

Amen!

 

   Francesco Savino

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