Mercoledì Santo 2023
– Messa Crismale –
Is 61,1-3.6.8b-9; Sal 88; Ap 1,5-8; Lc 4,16-21
5 Aprile 2023
Con questa assemblea liturgica, senz’altro uno dei momenti più importanti nel cammino di una chiesa locale, si manifesta la chiesa tutta, la nostra partecipazione del Corpo di Cristo, corpo dalle molte membra, che contempleremo nei prossimi giorni come corpo offerto, spezzato, sepolto, risorto. In Lui diventiamo noi stessi.
Il padre della chiesa Isidoro di Siviglia affermava che “tutta intera la chiesa è consacrata con l’unzione del crisma perché essa è membro dell’eterno re e sacerdote”: siamo membra diverse, ma a unirci è il Battesimo e in esso l’unzione per cui possiamo chiamarci cristiani. Cristo significa l’unto. E noi: cristiani. Splendenti della stessa unzione, investiti della sua missione. Abbiamo un Dio coinvolgente! C’è chi ha definito la chiesa “corpo crismato”. Ognuno di noi deve perciò sentire così forte la consapevolezza dell’essere partecipe della messianicità di Gesù da tradurre la sua missione nella propria vita: i presbiteri col sacerdozio ministeriale, i laici con quello comune. Ciò che conta è il Battesimo: siamo sue membra. Siamo cristiani. La bellezza del nostro tempo è che si tratta finalmente, come all’inizio, di una stranezza. Non è scontato. Non è necessario. È dunque un dono, un’immensa, immeritata sorpresa.
Alle soglie del Triduo Pasquale, mentre i nostri occhi, come nella descrizione del Vangelo di Luca, sono tutti fissi su Gesù, che nella sinagoga di Nazareth proclamò il segreto del suo e del nostro ministero, voglio condividere con voi due parole evocative e al tempo stesso gravide di senso: comunione e fiducia.
La messa crismale comporta per il presbiterio e per il popolo di Dio il proposito di verificare l’autenticità della loro vita di comunione. Siamo a chiederci, allora, se tutti facciamo “sinodo” con lo stesso passo, o almeno attendendoci e motivandoci reciprocamente lungo la via. Siamo a chiederci, ancora, se la legittima libertà dei figli di Dio non venga in noi ridotta ad anarchia e capriccio; se la cura pastorale attraverso gli uffici diocesani, comunità parrocchiali, associazioni e movimenti è intrisa di una comunione reale e concreta, nel rispetto delle diversità, che non sono mai un ostacolo alla comunione, ma chiamata a una ricchezza inclusiva.
Vorrei ricordare a noi tutti che la radice profonda, anche della comunione umana, è nell’Eucarestia, cioè nel mistero pasquale, nella morte e risurrezione di Gesù. Lo faccio rileggendo con voi un delicatissimo passaggio del teologo Eberhard Jüngel, che così descriveva il prendere forma della Chiesa: «Radunarsi è un’espressione tecnica con cui la cristianità primitiva ha indicato il suo raccogliersi per il culto. Si trattava di un riunirsi che, visto dall’esterno, appariva giustamente inusuale. Si radunano qui uomini e donne che altrimenti hanno poco o nulla a che fare in comune. Uomini e donne che altrimenti si evitano per la strada. Essi però sono uniti poiché credono che sono fatti l’uno per l’altro. E sono fatti l’uno per l’altro poiché credono che qui anche qualcos’altro è radunato: il cielo di Dio e la nostra terra. Nella persona di Gesù Cristo è radunato ciò che nessuno di noi mai potrebbe portare ad unità […] e noi celebriamo tutto ciò lasciando agire in noi la storia di Gesù Cristo, insieme a due elementari alimenti della vita, insieme al pane ed al vino».
Lasciamo agire in noi la storia di Gesù! È un’azione potente dello Spirito cui non opporre resistenza. La dimensione contemplativa e la preghiera personale, di cui la lectio divina è espressione privilegiata, vanno comprese in questa dinamica verso una comunione e identificazione con Gesù e con la sua figliolanza divina: lasciare agire in noi la storia di Gesù. Questo ci lega nella comunione che si esprime a partire dal battesimo e ha il suo culmine e il suo alimento nell’assemblea eucaristica.
La comunione tra me e voi, carissimi fratelli presbiteri, ma anche tra voi stessi come presbiterio e tra voi e le vostre comunità – quindi tra me e voi e le comunità e tutta chiesa locale – la comunione costituisce il test della nostra credibilità. Una comunione inclusiva che non marginalizza nessuno, soprattutto le persone più impoverite e più fragili e quelle che la nostra tradizione o un’idea ipocrita di morale ci fa guardare come sbagliate o diverse. Questa è la Chiesa: comunione di uomini e donne che altrimenti nemmeno si saluterebbero per strada. Si comincia fra noi e diventa subito uno stile, che incide sul volto, sull’atmosfera delle nostre comunità. Ubi caritas est vera, Deus ibi est. Lo ripeto: su questo sta o cade la nostra credibilità.
L’altra parola evocativa che oggi vi propongo è: fiducia.
Come negli anni scorsi ho scritto una lettera a voi, cari presbiteri, ma questa volta sul tema della fiducia. Ha per titolo: “Ogni giorno più degni della fiducia che Dio ripone in noi”.
Al suo interno vi invito a un esercizio spirituale, che è quello di ritornare con la mente e con il cuore al momento e al luogo della iniziale chiamata. Ritorniamo a quell’evento che ha capovolto per sempre le coordinate della nostra esistenza. Ricordiamo con rinnovato stupore il giorno in cui con trepidazione dicemmo il nostro “Eccomi”.
Sostengo in questa lettera la convinzione che colui che ci ha chiamato dica ancora a ciascuno: «Coraggio, io ho fiducia in te»
Ve ne anticipo testualmente uno stralcio: “Il Signore, che pone su di noi il suo sguardo, ha fiducia in noi. Dobbiamo dircelo! Non per vanto, per gratificazione, o per motivarci da soli. Ma per rispondere, con gratitudine e responsabilità, al suo amore che sempre ci sorprende. Oggi abbiamo ancora più bisogno di ricordare a noi stessi la fiducia e la grazia che il Signore ha posto in noi, come in umili vasi di creta. […] Torniamo insieme alle nostre sorgenti, fratelli cari, e pensiamoci attorno al Signore e alla sua mensa. Egli si alza da tavola, depone le vesti, prende un asciugamano e se lo cinge intorno alla vita. Poi versa dell’acqua nel catino e comincia a lavarci i piedi e ad asciugarli con l’asciugamano di cui si è cinto … Capisco che non ci sentiamo degni di pensarci così, di immaginare che il Signore Gesù stia lavando i piedi anche a noi. Ma, riflettiamoci, è proprio così, anzi più di così. […] Oggi, fratelli miei presbiteri, siamo anche noi riuniti attorno al Signore ed egli si china verso di noi. Ha fiducia in noi, crediamoci! Anche a noi il Signore dice “siate anche voi dove sono io”. Anche a noi il Signore dona l’altissima dignità di cingerci con l’asciugamano attorno alla vita e di servirci gli uni gli altri.”
Cari fedeli laici, care consacrate e consacrati: come chiesa oggi abbiamo tutti il dovere di prenderci cura della fiducia, dell’affidabilità e della fedeltà dei presbiteri. Anche i vostri preti, cari fedeli, sono figli, oltre che padri. E come figli, noi sentiamo il bisogno di essere compresi, incoraggiati, stimati.
Allora, cari fratelli presbiteri, lo Spirito del Signore Dio è sopra di voi. Per questo ci ha consacrati con l’unzione e ci ha mandati per annunciare ai poveri un lieto messaggio. Ritroviamo fiducia, respiriamo a pieni polmoni l’aria tersa e primaverile che lo Spirito di Dio sa sempre rigenerare. Anche per noi, per tutta la chiesa, viene la primavera dello Spirito.
Mentre alla presenza di questa assemblea liturgica, tutta ministeriale, rinnoviamo le nostre promesse sacerdotali, ecco l’augurio che mi piace condividere: la comunione sia il nostro stile concreto e reale e la fiducia di Dio in noi ci renda capaci tra noi di uno sguardo mai giudice e sempre incoraggiante.
✠ Francesco Savino
ph Aldo Jacobini
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