Omelia Ordinazione diaconale di Francesco Rizzi e Emilio Mitidieri

15-10-2024

MARTEDÌ DELLA XXVIII SETTIMANA DEL TEMPO ORDINARIO  (anno B)

 

Sap 7, 7-14; Sal 83; Rm 8, 14-17.26-27; Gv 7, 14-18.37-39a

 

MEMORIA DI SANTA TERESA D’AVILA

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Ordinazione Diaconale di

Emilio Mitidieri  e  Francesco Rizzi

 

15  Ottobre  2024

Carissimi Emilio e Francesco,

cari fratelli nel sacramento dell’Ordine

e popolo tutto di Dio, unito nella ricchezza delle sue diversità nella grazia del comune Battesimo,

 

che giorno felice è questo, per l’Eccomi appena pronunciato in piena libertà da due nostri compagni di viaggio. La Chiesa è in Sinodo, cioè in strada, in cammino. Non ciascuno col suo viaggio, ma pellegrini verso la stessa meta. Il Sì, l’Eccomi che in questa cattedrale è risuonato, è una risposta alla nostra meta: Gesù, nostra via, verità e vita. Cresce lungo il cammino il nostro vigore, perché abbiamo una meta viva, che non ci aspetta lontana, ma ci viene incontro. Lo fa abbassandosi, prendendo forma di servo, portando nella gloria di Dio i segni dell’amore crocifisso. E voi, noi, rispondiamo al suo invito. Viviamo in modo responsoriale, prendendo la forma di Colui che ci chiama. La vostra diaconia, fratelli carissimi, partecipa di quella di Gesù, così che insieme a tutto il corpo ecclesiale voi oggi consacrate intelligenza, affetti, corpo, energie – tutto voi stessi – al servizio del Regno. Siamo insieme, camminiamo insieme, e questo è un giorno felice, perché in voi tutta la nostra Chiesa riprende catino e grembiule, per continuare il gesto del Maestro e lavare i piedi a un’umanità ferita e bisognosa di pace.

 

Nel giorno in cui la Chiesa fa memoria di Santa Teresa d’Avila, non soltanto riceviamo in dono letture bibliche che ci educano alla fecondità dello Spirito di Dio, ma mettiamo il vostro diaconato sotto la protezione di una teologa e donna di governo che ha impresso nella storia della Chiesa la traccia indelebile della sua femminilità. Vi renda più consapevoli questa data, che ogni anno ricorderete, di ciò che le donne cristiane hanno donato e doneranno alla vostra fede, partecipando con voi alla guida della Chiesa. Come vescovo ve lo dico sin da questa sera: non clericalizzatevi. Da questo momento i fedeli aggiungeranno il titolo “don” al vostro nome di Battesimo. Non dimenticate per questo il Battesimo, siate invece un aiuto al clero diocesano, perché sempre più si senta parte di un corpo dalle molte membra. I segni che Teresa, come ogni badessa, portava – l’anello, la croce, il pastorale – la profondità delle sue intuizioni e del suo magistero, l’efficacia della sua conduzione di un numero impressionante di monasteri ricordi a voi e a tutti noi con quanta fiducia e apertura dobbiamo guardare al futuro della Chiesa, riconoscendo i carismi e interpretando i segni dei tempi.

 

Di Gesù, secondo il quarto vangelo, gli uomini del tempio si chiedevano dove avesse studiato. Erano spiazzati dalla sua sapienza. Noi diremmo: una sapienza non autorizzata. Più che da quanto diceva, l’attenzione era presa dall’autorità che diffondeva. Fratelli carissimi: noi non possiamo vivere in difesa. Sin dal giorno del Battesimo una parola di Gesù – forse il più potente dei suoi imperativi – è stata pronunciata su di noi: Effatà, apriti! Il sacramento dell’ordine, carissimi, approfondisca la vostra apertura. La più fondamentale diaconia è questa: piegarsi in ascolto, tendere l’orecchio, regalare attenzione, fare il vuoto in ciò che presumiamo di sapere e aprirci ancora. Ascolta! Ecco il verbo in cui l’intera Torah si riassume. Ecco l’atteggiamento che ha modellato il ministero di Cristo Servo: ogni suo incontro, ogni suo gesto. Effatà! La scienza donata a Teresa d’Avila è direttamente proporzionale allo spazio che ha fatto in sé: una vita aperta. La teologia al maschile, quella che quasi esclusivamente studiamo, è tesa a definire, a spiegare, a dire. Abbiamo chiamato mistica, quasi mancasse di razionalità, una via persino più audace, quella di una conoscenza che nasce dal silenzio. Apriti, ospita, lasciati fecondare. Da Gesù, carissimi, sprigiona una scienza che domanda apertura. Se non ne traiamo le conseguenze diventeremo sì sacerdoti, ma come quelli che hanno deciso la sua morte. Uomini del tempio, che scrutano le Scritture senza conoscere la voce di Dio, senza alcuna intimità col suo mistero, fuoco d’amore.

 

Fiumi d’acqua viva sgorgheranno da voi, cari ordinandi, se verrete a Gesù di giorno in giorno. E Gesù non è sigillato nel tabernacolo. È nei poveri, nei bambini, nei malati, nelle vittime, in ogni fratello e sorella che incontrerete, che viva giorni lieti o tristi, che vi appaia fiducioso o disperato, che dica di credere o di non credere. Voi riconoscerete Gesù nell’Eucaristia, che un giorno speriamo presiederete, se fin d’ora lo servirete in coloro di cui vi dirà alla fine: Lo avete fatto a me! Portate la gente nella vostra predicazione: non pensatevi come coloro che hanno da insegnare, senza avere prima ascoltato. Preparate con cura l’omelia, immergendovi nelle Scritture senza dimenticare le parole del popolo, le intuizioni dei piccoli. Il popolo di Dio – ci insegna papa Francesco – evangelizza continuamente se stesso. Lasciatevi evangelizzare e sarete evangelizzatori. Se non farete così – se non viviamo così, cari sacerdoti – da noi presto non sgorgherà più nulla. E poi leggete, studiate, non spegnete il cervello dopo avere concluso gli esami in Seminario. Capite bene: non si tratta solo di aggiornarsi, ma di nutrirsi, di cercare ancora, di scoprire in che modo oggi il Risorto ci precede. Fin dall’inizio fu così facile non riconoscerlo. Cerchiamolo, dunque. Aiutiamoci a lasciarci sorprendere!

Vi custodisca e vi accompagni la Vergine Maria, Madre tenerissima cui Gesù ha affidato dalla croce ogni discepolo amato. Lei conosce la vostra storia, i cammini che vi hanno condotto sino ad oggi. La preghiamo di far fiorire ancora il vostro Battesimo e di innestare la vostra consacrazione sul Figlio suo, vera vite, in cui la Chiesa cresce e porta frutto.

   Francesco Savino

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