SOLENNITA’ DI NOSTRO SIGNORE GESU’ CRISTO RE DELL’UNIVERSO [SCARICA]
20 novembre 2016
Oggi, ultima Domenica dell’anno liturgico, celebriamo la festa di Gesù Cristo, Re dell’Universo. Ma che regalità è quella di Gesù, un Re che si dona, che muore per amore? Il Nazareno è un Re che, amando e perdonando, entra in comunione con tutti gli uomini e le donne, suoi fratelli. Secondo i Padri della Chiesa, Gesù “regna dal legno”, infatti sulla Croce viene posta sul suo capo l’iscrizione: “Questi è il re dei Giudei”. Gli uomini religiosi si scandalizzano perché ritengono che la regalità non si eserciti senza potere: ma che Dio è questo che lascia morire il Suo Figlio prediletto? Anche i soldati, che pensano che l’utilizzo della forza sia segno di regalità, si scandalizzano invitando più volte Gesù a scendere dal patibolo: “salva, salva, salva te stesso!”. Ma il Cristo, sulla croce, afferma che la regalità è l’amore e che l’amore vale più della vita.
Il racconto evangelico di Luca ci viene in soccorso per comprendere: Gesù, il “Giusto”, è crocifisso ingiustamente (cfr. Lc 23,47), è ritenuto “colpevole” per aver reso visibile, con la sua vita, il volto di un Dio, Padre ricco di amore verso i peccatori (cfr. Lc 15,11-32). Il Nazareno ha trasmesso la bella notizia che Dio è per tutti, senza esclusione alcuna: Egli è crocifisso fra due malfattori.
L’“ecce homo” è la risposta all’odio che viene scaricato addosso all’Innocente consegnandoci la lezione più alta della storia umana: Gesù non contrappone forza alla forza, violenza alla violenza, ma prega per i suoi carnefici: “Padre, perdona loro, perché non sanno quello che fanno” .
Lo “spettacolo della croce” non convince la ragione umana, perché prospetta il capovolgimento totale e radicale dei criteri di giudizio.
Siamo dinanzi ad un paradosso: chi sembra vincere perde, Colui che perde, Gesù il Crocifisso, è vincente.
Lo “scandalo della croce” (Gal 5,11) suscita derisione e disprezzo. Le autorità politiche e religiose d’Israele e i Romani lo scherniscono e lo provocano invitandolo a scendere dalla croce: “Se tu sei il Re dei Giudei, il messia di Dio, salva te stesso scendendo dalla croce!”. E’ l’ultima tentazione di Gesù: all’inizio del suo ministero pubblico, Satana, nel deserto lo aveva tentato ripetutamente: “Se tu sei il figlio di Dio.………” (cfr. Lc 4,3-9). Come allora, anche sulla croce, Gesù supera la “prova”: non chiede a Dio di intervenire con un miracolo straordinario che obbligherebbe tutti a seguirlo come un potente di questo mondo ma rinuncia a vivere per se stesso, perde la propria vita, compie con fedeltà radicale la volontà di Dio, continua ad essere obbediente a Dio, fino alla morte.
Non dobbiamo attribuire al Padre la volontà di vedere Gesù patire e morire sulla croce. E’ Gesù che comprende che fare la volontà del Padre esige un amore fino all’estremo. Nella sua scelta, il Nazareno sperimenta la “solitudine assoluta” e traccia la strada per i suoi discepoli ai quali aveva preannunciato: “Chi vuole salvare la propria vita la perderà, ma chi perderà la propria vita per me la salverà” (cfr Lc 9,24).
Anche uno dei due malfattori crocifissi con Gesù, lo insulta perché vede naufragare le sue ultime pretese: “Non sei tu il Cristo? Salva te stesso e anche noi!”. L’altro, il “buon ladrone”, è l’emblema di tutti coloro che, in fin di vita, comprendono chi è Gesù e si convertono: egli comprende la signoria di Gesù e richiama l’altro condannato con una correzione fraterna perché accetta le conseguenze del male che ha commesso. Riconoscendo che Gesù è innocente, si rivolge a Lui con una preghiera che dobbiamo fare nostra ogni giorno: “Gesù, ricordati di me quando entrerai nel tuo regno”.
Straordinaria testimonianza! Il “buon ladrone”, prima di morire, diventa l’icona dei credenti e della Chiesa, di tutti gli amici di Gesù che, abitando la storia, sono chiamati a testimoniare la regalità di Cristo, condividendo nella contemplazione del Crocifisso, le sofferenze, le fragilità e le passioni di tutti gli uomini e le donne che incontrano, invocando sempre la venuta del Regno e vivendo nella “beata speranza” che il Veniente ritornerà nella gloria.
Penso che tutti desideriamo che le parole di Gesù rivolte al “buon ladrone” vengano rivolte a noi nell’ultimo giorno: “Oggi sarai con me nel Paradiso”. Questo è il fine della vita: essere con Gesù nel Paradiso, nel suo regno compiuto. E questa promessa è rivolta a tutta l’umanità, anche a quella parte che consideriamo malvagia e peccatrice. A ciascuno, nell’esercizio della propria libertà, è dato di accogliere questa bellissima notizia: se accettiamo di perdere la vita per Gesù Cristo, il Messia che regna sulla croce, e di amare Lui al di sopra di ogni amore e di amare gli altri fino a perdere la vita nella giustizia e nell’amore, il nostro “destino” sicuro è “abitare nel suo Regno”.
“Sarai con me”: la salvezza è un regalo, non un merito. Questo malfattore non ha nessun merito da vantare. Dio non guarda ai meriti, ma alla povertà, al bisogno, come un padre e una madre guardano alle necessità di un figlio.
E se il primo che entra in Paradiso è quest’uomo dissoluto che si è fidato e affidato all’“amore crocifisso”, allora le porte del regno restano aperte per tutti coloro che riconoscono Gesù come loro compagno.
Questa è la più bella notizia che Gesù poteva consegnarci dalla croce.
Contempliamo tutti il Crocifisso, non stacchiamo gli occhi da Lui.
Riceveremo Grazia.
✠ Francesco Savino