Es 24, 3-8; Sal 115; Eb 9, 11-15; Mc 14, 12-16. 22-26

SOLENNITÀ SANTISSIMO CORPO e SANGUE di CRISTO

02-06-2024

 

2  Giugno  2024

 

“Questa festa dell’Eucaristia, o del Corpo del Signore (Messale di Pio V), o solennità del Santissimo Corpo e Sangue di Cristo (Messale di Paolo VI), come la solennità della Triunità di Dio celebrata domenica scorsa è tardiva. Infatti, è stata istituita nel XIII secolo, e nel secolo seguente ha faticato a imporsi in occidente, restando invece sempre sconosciuta nella tradizione ortodossa. L’intenzione della chiesa è quella di proporre, fuori del santissimo triduo pasquale, la contemplazione, l’adorazione e la celebrazione del mistero eucaristico del quale viene fatto memoria il giovedì santo, in coena Domini. Quanto al brano evangelico scelto, il messale italiano in questa annata B propone la lettura del racconto dell’ultima cena nel vangelo secondo Marco, che ora cerchiamo di accogliere come parola del Signore” (Enzo Bianchi).

Lasciamoci interrogare in profondità dal racconto dell’ultima cena secondo il Vangelo di Marco. Gesù è consapevole che ormai sta per essere arrestato e ucciso, si sente braccato, non sa fino in fondo se può fidarsi di tutti i suoi discepoli, perché uno l’ha ormai tradito, e quindi agisce con molta circospezione e cerca di predisporre tutto per celebrare la Pasqua. Infatti i due discepoli da Lui inviati devono incontrare un uomo con una brocca d’acqua (cosa insolita perché erano le donne a svolgere questa operazione) e devono seguirlo sino ad una casa, dove costui indicherà loro la “camera alta”, la sala al piano superiore già arredata e pronta, in cui predisporre tutto per la cena pasquale.

“Occorre infatti preparare il pane, il vino, l’agnello, le erbe amare, per ricordare in un pasto – come prevedeva la Legge (cfr. Es 12) – l’uscita di Israele dall’Egitto, la liberazione dalla schiavitù, la nascita del popolo appartenente al Signore. E così, in obbedienza all’ordine dato da Gesù con autorità e gravità ai due discepoli inviati, tutto è preparato per quella celebrazione pasquale, per quell’ora solenne, per quell’ora ultima di Gesù con i suoi discepoli, per quell’ora nella quale la Pasqua dell’agnello diventerà la Pasqua di Gesù” (Enzo Bianchi).

Quando Gesù siede a tavola per la cena, compie gesti e dice parole sul pane e sul vino, dando così origine alla celebrazione della nuova alleanza con la sua comunità.

“Innanzitutto Gesù compie un’azione rituale: prende il pane azzimo che è sulla tavola del seder pasquale, pronuncia la benedizione a Dio per quel dono, quindi lo spezza e lo porge ai discepoli. Prendere il pane, spezzarlo e darlo è un gesto quotidiano fatto da chi presiede la tavola, ma Gesù lo compie con un’intensità e con una forza che lo rendono carico di significato, ne fanno un gesto che si imprime nella mente e nel cuore dei commensali di quella cena pasquale. Gesù assume l’atteggiamento e la parola della Sapienza di Dio che parla e invita al banchetto (cf. Pr 9,1-6), fa sue le parole del profeta che chiama al pasto dell’alleanza eterna (cf. Is 55,1-3), e offre come cibo la sua vita, il suo corpo, se stesso! Vi è in questo gesto e in queste parole di Gesù il suo donarsi fino all’estremo, perché egli ha amato e ama fino al dono della sua vita (cf. Gv 13,1). Di fronte a questa azione i discepoli furono certamente scossi e solo dopo la morte e resurrezione di Gesù compresero ciò che non avevano potuto dimenticare” (Enzo Bianchi).

Non bisogna dimenticare che il gesto dello spezzare il pane già nei profeti indicava il condividere il pane con i poveri, i bisognosi e gli affamati, esprimendo in tal modo una condivisione di ciò che fa vivere, che evidenzia la comunione tra tutti quelli che mangiano lo stesso pane.

Le parole che accompagnano il gesto “Prendete, questo è il mio corpo”, vogliono attestare che Gesù consegna e dona la sua intera vita ai discepoli che, mangiando quel pane, si fanno partecipi della sua vita donata e consegnata, per amore e soltanto per amore fino alla morte.

Gesù fa cogliere ciò che di lì a poco accadrà: la sua morte come dono della sua vita agli uomini. Poi Gesù prende fra le sue mani il calice dichiarando: “Questo è il mio sangue, il sangue dell’alleanza, che è sparso per le moltitudini”.

Pane e vino, corpo e sangue dato a tutti, perché il dono di Gesù è per tutti, nessuno escluso. Ed è ancora più significativo che questo gesto di Gesù, del suo dono totale, accade nella consapevolezza che uno lo tradirà.

L’amore gratuito di Gesù, nel dono del corpo e sangue, non deve mai essere meritato.

Va puntualizzato che l’alleanza che Gesù stipula con il dono della sua vita non è ristretta solamente al popolo di Israele, ma è un’alleanza universale, aperta a tutte le genti, non “per molti” ma “per tutti”.

L’apostolo Paolo nella lettera ai Romani afferma che “la prova che Dio ci ama tutti è che Cristo è morto per noi, mentre noi eravamo peccatori” (cfr. Rm 5, 7-8). È morto per tutti, anche per il traditore, il rinnegatore.

L’Eucarestia è la narrazione più bella, in parole e gesti, dell’amore di Dio, è la sintesi di tutta la vita di Gesù Cristo, è la sintesi di tutta la storia della salvezza.

Va anche detto che il pane eucaristico è preludio al banchetto finale del Regno, dove Gesù, il Risorto, mangerà con noi e berrà con noi il calice della vita futura, dove il vino sarà nuovo, cioè altro, ultimo e definitivo, vino della stessa vita divina.

Ecco allora la bellezza del “Corpus Domini”: l’eccedenza del dono dell’amore gratuito e incondizionato di Gesù nel corpo dei credenti.

“Tutta l’umanità trepidi, l’universo intero tremi e il cielo esulti, quando sull’altare, nella mano del sacerdote, si rende presente Cristo, il Figlio del Dio vivo. O ammirabile altezza e degnazione stupenda! O umiltà sublime! O sublimità umile, che il Signore dell’universo, Dio e Figlio di Dio, così si umili da nascondersi, per la nostra salvezza, sotto poca apparenza di pane!” (San Francesco d’Assisi).

Buona festa del “Corpus Domini”.

 

 

   Francesco Savino

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