At 15, 1-2. 22-29; Sal 66; Ap 21, 10-14. 22-23; Gv 14, 23-29

VI Domenica di Pasqua

25-05-2025

 

 In questo tempo di Pasqua, come credenti alla sequela di Gesù, il Risorto, ascoltiamo i “Discorsi di addio” di Gesù, collocati nell’ultima cena, riletti alla luce dell’intera esperienza pasquale.

“In quel contesto di ultimo incontro tra Gesù e i suoi, alcuni discepoli gli pongono delle domande: Pietro innanzitutto (cfr. Gv 13,36-37), poi Tommaso (cfr. Gv 14,5), infine Giuda, non l’Iscariota. Costui gli chiede: “Signore, come è accaduto che devi manifestarti a noi, e non al mondo?” (Gv 14,22). È una domanda che deve aver causato anche sofferenza nei discepoli: dopo quell’avventura vissuta insieme a Gesù per anni, egli se ne va e sembra che nulla sia veramente cambiato nella vita del mondo… Una piccola e sparuta comunità ha compreso qualcosa perché Gesù si è manifestato a essa, ma gli altri non hanno visto e non vedono nulla. A cosa si riduce dunque la venuta del Figlio dell’uomo sulla terra, la sua vita in attesa del regno di Dio imminente che egli proclamava?” (cfr. Enzo Bianchi).

Gesù allora risponde: “Se uno mi ama, osserverà la mia Parola e il Padre mio lo amerà e noi verremo a Lui e prenderemo dimora presso di Lui”.

È dono dello Spirito prendere coscienza che Gesù non si manifesta al mondo che non crede in Lui perché gli è ostile e non riesce ad amarlo. Occorre amare Gesù se vogliamo avere la sua manifestazione.

Gesù non ci chiede soltanto di essere suoi discepoli, di osservare il suo insegnamento, ma anche di amarlo.

È l’amore che definisce la nostra relazione con Gesù, consapevoli che amare, come diceva il venerabile don Tonino Bello, è infinito del verbo morire.

Gesù puntualizza che chi lo ama sarà amato dal Padre, così che il Padre e il Figlio verranno a prendere dimora presso di Lui: inabitazione di Dio in chi ama Gesù!

E sarà sempre l’amore a riconoscere la presenza di Gesù anche quando Lui sarà “assente”; infatti, dopo la Sua vicenda terrena, una volta salito presso il Padre, Gesù sarà assente, tuttavia, se l’amore resta, Egli sarà presente nel suo discepolo.

Sia sempre in voi la radice dell’amore, perché solo da questa radice può scaturire l’amore. Amate, e fate ciò che volete…L’amore è tutto.” (Sant’Agostino)

È difficile capire queste parole! Possiamo però comprenderle quando umanamente facciamo l’esperienza dell’assenza dell’amato/a e, anche se è assente, nell’attesa del suo ritorno, sperimentiamo la sua presenza in noi.

Solo gli amanti, coloro che amano nella verità e con autenticità, possono comprendere l’esperienza dell’assenza dell’amato/a.

“Questa parola ormai consegnata ai credenti, che rimane per sempre, è capace di far sentire la presenza di Gesù quando la parola stessa sarà letta, meditata, ascoltata e realizzata dal cristiano; sarà un segno, un sacramento efficace, che genera la Presenza del Signore. Gesù non è più tra di noi con la sua presenza fisica, in quanto glorificato, risuscitato dallo Spirito e vivente presso il Padre; ma la sua parola, conservata nella chiesa, lo rende vivente nell’assemblea che lo ascolta, Presenza divina che fa di ogni ascoltatore la dimora di Dio. Quella “Parola (Lógos)” che “si è fatta carne (sárx)” (Gv 1,14) in Gesù di Nazaret si è fatta voce (phoné) e quindi lógos, parola degli umani, e in ogni credente si fa Presenza di Dio (Shekinah), si fa carne (sárx) umana del credente, continuando a dimorare nel mondo (cfr. Gv 17,18)” (cfr. Enzo Bianchi).

Lo Spirito di Dio, che è anche lo Spirito di Cristo, è il grande artefice di questa dinamica della presenza. Non dimentichiamo che lo Spirito è l’altro inviato dal Padre, è l’altro Maestro inviato dal Padre, è l’altro Consolatore inviato dal Padre.

Lo Spirito Santo, “compagno inseparabile” (Basilio di Cesarea) di Gesù, scende su tutti i credenti come un consolatore, quando Gesù sale al Padre, e sarà proprio lo Spirito Santo ad insegnare ogni cosa, facendo ricordare tutte le parole di Gesù e rinnovandole nell’“oggi” della Chiesa.

Lo Spirito Santo parla come un “Maestro interiore”!

Non siamo mai lasciati né orfani né soli da Gesù, perché lo Spirito Santo è presente in noi e in mezzo a noi: dobbiamo solo scoprirlo.

Gesù nell’andarsene vede la sua opera, umanamente realizzata in obbedienza al Padre, ancora incompiuta, perché i discepoli non capiscono ancora ma lo Spirito Santo, il Paraclito, il consolatore, il difensore, accompagnerà, sosterrà la comunità dei discepoli ad aprirsi alla conoscenza della verità tutta intera.

Dobbiamo dircelo con molta sincerità: oggi il Vangelo lo comprendiamo più di ieri, più di tanti anni fa. Questa comprensione, grazie al dono dello Spirito Santo, è sempre dinamica, tensionale.

La pace che Gesù ci dona, come ci racconta il Vangelo di questa Domenica, c’è nella Chiesa, ed è una pace non mondana, una pace  sostenuta dalla speranza che Gesù è vero che se ne va, ma ancora più vero, dobbiamo crederci, è che ritornerà.

A conclusione poniamoci una domanda vera: noi amiamo Gesù?

“Secondo le sue affermazioni ascoltate e interpretate, infatti, se non lo amiamo, non siamo capaci di restare fedeli alla sua parola. Se invece viviamo tale amore e tale obbedienza al Signore, la sua vita diventa la nostra vita” (cfr. Enzo Bianchi).

E tutto ciò è puro dono della Sua Grazia

Buona Domenica.

 

   Francesco Savino

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