“Dopo il segno dei pani Gesù, nel Quarto Evangelo, inizia questo lungo discorso che stiamo leggendo in queste domeniche, in cui prima dice che Lui è il «pane che discende dal cielo», come la manna era discesa dal cielo, Lui è il dono del Padre. È chiaro quindi che è il Padre che fa al mondo questo dono che è Gesù: il pane è segno di Gesù e dunque è necessario cercare Lui, nutrirsi e saziarsi di Lui! Chi fa questo, accoglie il dono di Dio! Il dono è Gesù e lo si accoglie nella fede. La fede ha però una grande opposizione: la mormorazione” (P. Fabrizio Cristarella Orestano).
La mormorazione è una critica sorda e subdola all’agire di Dio nelle parole e nella prassi del suo figlio Gesù. Nel Vangelo di Giovanni si mormora contro Gesù perché sono state ascoltate parole che non collimano con le conoscenze e le idee, con i giudizi e i pregiudizi dei Giudei. L’evangelista Giovanni, nella sua narrazione, continua a creare un parallelo con l’Esodo: prima il luogo deserto, poi la manna, ora la mormorazione. Israele mormorò contro Mosè e contro il Signore perché l’agire di Dio, in quel momento, non collimava con le sue attese, con i suoi bisogni e con le sue idee.
Di solito mormora chi, non sapendo leggere oltre nell’opera di Dio, nella sua rivelazione, riconduce tutto al “banale”. Nel Vangelo di oggi si mormora contro Gesù perché non si sa andare oltre l’ordinario, oltre la sua biografia, cercando di destituire la Sua persona di ogni credibilità: “Costui non è forse Gesù, il figlio di Giuseppe, di lui conosciamo il padre e la madre”. La vita ordinaria di Gesù è scandalo per i Giudei perché la loro conoscenza di Gesù è miope e presuntuosa, non sanno andare oltre. Necessita una “conoscenza altra e alta” che si raggiunge solo per dono, nella disponibilità assoluta alla rivelazione di Dio. Gesù non si oppone alla mormorazione e neanche si giustifica, chiede, invece, di accettare lo scandalo della sua ordinarietà, della sua carne, del suo essere “figlio di Giuseppe”; è uno scandalo necessario alla salvezza; se non si va a Lui nella sua verità “di carne” ordinaria, non si accede alla salvezza; Gesù lo dice con chiarezza: bisogna essere attratti a Lui dal Padre. È il Padre che dona la vera “conoscenza” di Gesù. È necessario deporre altre conoscenze, altre idee, altri mondi di pensiero per lasciare spazio in noi al mondo di Dio, alla Sua rivelazione. Il tratto di oggi del discorso del capitolo sei dell’Evangelo di Giovanni, si conclude ancora con un paragone con la manna, ma un paragone che mostra un contrasto: la manna scendeva dal cielo ma chi la mangiò pure morì, questo pane sceso dal cielo che è Lui darà la vita. Chi ne mangerà non morirà! (cfr. P. Fabrizio Cristarella Orestano).
A questo punto della narrazione l’evangelista Giovanni ci accompagna in un ulteriore passaggio: se prima il pane (di cui era stato segno la moltiplicazione dei pani) è Gesù e questo pane lo dà il Padre facendolo scendere dal cielo, ora questo pane lo dà Gesù stesso ed è la sua carne per la vita del mondo! Mi pare chiaro come Giovanni qui abbia creato un discorso “per accrescimento” di sensi: i pani moltiplicati sono segno di Gesù che bisogna cercare per saziarsene, Gesù è dono dall’alto del Padre, Egli dà il pane che è la sua carne, che è il dono di sé senza nulla trattenere per sé, che infine è l’Eucaristia. Il percorso che l’evangelista ci fa fare è veramente seduttivo: Dio, il Padre, dall’eternità, fa il suo dono alla storia, nella pienezza dei tempi, che è Gesù, e perché il dono di Gesù non rimanesse circoscritto a quel tempo e a quel luogo, Questi stesso ci dona l’Eucaristia, dono che dà la vita ad ogni tempo e ad ogni luogo. L’Apostolo Paolo, nella lettera ai cristiani di Efeso, scrive che il cammino del credente, nutrito di quel pane, è cammino nell’ “agape”, un cammino che ha come punto centrale l’amore di Cristo. L’Eucaristia è una strada divina proprio perché è una strada “ordinaria”. Anche noi oggi dinanzi al pane eucaristico deposto sull’altare potremmo dire che non sappiamo da dove viene. Sappiamo, invece, che in quel pane “ordinario”, c’è tutta l’esperienza, c’è tutto il corpo del figlio di Dio, che è anche figlio del carpentiere Giuseppe, disceso dal cielo.
La bellezza dell’esperienza cristiana, di chi incontra Cristo, è sperimentare nell’ordinario la straordinarietà della storia che è tale grazie alla presenza di Dio. “La “vita eterna” che quel pane dona è lo straordinario di Dio nella vita dell’uomo; chi accoglie lo straordinario di Dio, che è il Figlio nella sua carne ordinaria, vive la sua stessa vita, la “vita eterna” (P. Fabrizio Cristarella Orestano).
Lasciamoci in questa Domenica stupire dal dono dell’Eucaristia, senza del quale, come dicevano i Cristiani di Abitene, non possiamo vivere.
Buona Domenica.
✠ Francesco Savino