Sap 18,3.6-9; Sal 32; Eb 11,1-2.8-19; Lc 12,32-48

XIX domenica del tempo ordinario anno c

10-08-2025

 

Gesù continua il suo cammino con i discepoli verso Gerusalemme dove avverrà la sua morte. Il brano del Vangelo di questa Domenica per un verso conclude il discorso sul retto uso delle “cose” e per l’altro verso introduce al retto uso del “tempo” e dell’“autorità”.

Sono temi di grande attualità perché, lo sappiamo, è sempre forte la tentazione di arrenderci alla seduzione del denaro e del potere.

Gesù scuote la sua comunità dei discepoli ad uscire da questa logica e dal sentimento dell’impotenza che lo accompagna, “tanto non c’è nulla da fare”, per diventare testimoni di una diversità da vivere nel mondo.

Sapientemente Giancarlo Bruni così commenta: “Possibile, ad esempio nei confronti del «denaro», là ove il tesoro del cuore e la perla preziosa della mente sono il Vangelo e non l’avere. Si tratta sempre di sapere qual è la molla ultima che determina l’agire dell’uomo, se il denaro-idolo il frutto sarà una società ad alto tasso di miseri, di guerre e di abbruttiti dalla libidine delle cose; se il Vangelo nasceranno oasi di pace e di condivisione, venduto a vantaggio del povero il desiderio dell’accumulo. A questo leggere diversamente il denaro aprendo spazi di novità e di speranza sono chiamati i discepoli”.

Gesù ci invita a una lettura diversa del “tempo” partendo sempre da una domanda: il tempo che ci è dato da vivere da chi e da che cosa è determinato e orientato, chi e che cosa lo qualifica, da dove trae il senso diventando tempo redento, salvato? Se il tempo è determinato dal Signore, dal suo Vangelo e dalla sua promessa del Regno di Dio, il tempo allora sarà simultaneamente tre cose: tempo di attesa di Lui: “Vieni, Signore Gesù”, tempo di accoglienza di Lui: “Si, vengo presto” nel nascondimento di un pane, di un povero, di un’icona …, e, nel giorno conosciuto solo da Lui, tempo di accoglienza di Lui faccia a faccia, come il Vangelo di oggi insiste in modo particolare. Gesù, il “venuto nella debolezza della carne”, verrà nello splendore a portare a compimento l’opera iniziata. Verrà come un ladro nella notte, per questo il piccolo gregge e noi oggi, siamo chiamati a vigilare, pronti nella gioia ad aprire la porta quando Egli bussa e svelti ad andare incontro a Lui.

Gesù dice che sono “beati …” coloro che attendono nella gioia l’incontro con Colui che è venuto, con il Veniente e con Colui che ritornerà!

Ma noi oggi che cosa e chi attendiamo?

Attendiamo Colui che ha riscattato e redento il tempo e anche noi?

Nella parte conclusiva del Vangelo si pone, poi, la questione delle “autorità” nella Chiesa, e anche nella storia, che non devono mai dimenticare il loro ruolo pervertendolo: “da servi miti e umili, da amministratori disinteressati di un vangelo non loro, da modelli e da dispensatori di gioia (1Pt 5,1-4; 2 Cor 1,24) a padroni autoritari e violenti, a traditori del Vangelo a nome del proprio interesse, a maschere di cinismo e di disumanità e a causa di scandalo e di tristezza. Una degenerazione sempre possibile là ove il ministero da icona del volto di Cristo, da riflesso di bellezza evangelica e di attesa dell’evento ultimo sempre alle porte e questo a memoria del dover essere dell’intera comunità, diventa «clericalismo» dai molti volti. È urgente vigilare” (Giancarlo Bruni).

“Conserviamo con cura questa fede che abbiamo ricevuto dalla Chiesa, perché, sotto l’azione dello Spirito di Dio, essa, come un deposito di grande valore, chiuso in un vaso prezioso, continuamente ringiovanisce e fa ringiovanire anche il vaso che la contiene” (Sant’Ireneo di Lione, Adversus haereses, 3, 24, 1).

Buona Domenica.

 

   Francesco Savino

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