Gesù mentre è in cammino verso Gerusalemme, entra in un villaggio dove viene ospitato da una donna chiamata Marta.
Il villaggio di nome Betania, che significa “casa del povero”, era un punto di riferimento per Gesù e la sua comunità itinerante dei discepoli.
È bello considerare Betania come l’icona dell’essere Chiesa nei villaggi umani, tra la gente, il luogo della ospitalità, di riposo e di consolazione. Quando parliamo di Chiesa parliamo di famiglie, di monasteri, movimenti, parrocchie, come porzione di umanità in cui Cristo viene concretamente accolto. Non c’è accoglienza, comunque, senza ascolto che è la prima forma di accogliere l’altro. Il compito dell’ascolto viene adempiuto molto bene da Maria che assurge a modello della Chiesa dell’ascolto nel suo “si” alla bella notizia del Vangelo e nel suo “si” all’ascolto dell’altro.
Maria, ci dice l’evangelista Luca, è accovacciata ai piedi dell’ospite, segno di quell’atteggiamento discepolare tutto teso all’ascolto, dove “mettersi ai piedi” di qualcuno equivale a riconoscersi suo discepolo, per esempio come Paolo ai piedi di Gamaliere (At 22, 3).
Il tema dell’ascolto della Parola del Signore è molto caro a Luca che, nel suo Vangelo, individua in Maria di Nazareth, la madre di Gesù, il prototipo dell’ascoltare bene: Maria conservava nel suo cuore meditando tutto ciò che andava ad ascoltare e a osservare intorno a sé.
Le due Marie diventano così una chiave di lettura per entrare nella comprensione del nostro essere chiesa, come comunità di accoglienza e di ascolto, accoglienza degli altri e ascolto della Parola del Signore.
Quando Gesù dice nel Vangelo di questa Domenica che “Maria ha scelto la parte migliore, che non le sarà tolta” vuole appunto evidenziare la complementarietà fondamentale della accoglienza dell’altro che segue all’ascolto di ciò che il Signore ci dice.
Stiamo attenti, pertanto, a non contrapporre le due dimensioni accoglienza/servizio e l’ascolto totalizzante della Parola del Signore!
Sono complementari e si integrano.
Come opportunamente sostiene padre Giancarlo Bruni: “Il servizio non è escluso ma va collocato in un ordine che domanda di non essere stravolto nei suoi passaggi e nei suoi tempi: in una esperienza cristiana equilibrata in principio vi è l’ascolto, nel mezzo la preghiera di ringraziamento, di lode e di invocazione come risposta all’ascolto, e a conclusione il servizio come prolungamento nella storia della parola udita e celebrata. È ciò che non ha ancora compreso Marta definita «distolta», «affannata» e «risentita». Il «molteplice», la preoccupazione cioè dei molti servizi, sganciato dall’«uno», la sola cosa di cui c’è bisogno, genera l’illusione di un attivismo a favore di Gesù che di fatto distrae da Lui, non c’è tempo per la sua compagnia, e dalla sua parola, non c’è tempo per il suo ascolto, che soli possono far nascere una tipologia e una modalità del servizio secondo Gesù”.
Probabilmente quando Luca redige il suo Vangelo ha davanti a sé una situazione comunitaria, ecclesiale, alle prese con il rapporto tra mensa della parola e mensa dei poveri (At 6, 1-6), e quindi propone una soluzione veramente sapienziale puntualizzando che la vera questione non verte sulla relazione contemplazione-azione, ma sulla relazione contemplazione-distrazione.
La contemplazione implica l’accoglienza e il servizio dell’altro che, però, senza la contemplazione rischiano di essere un puro e sterile attivismo.
Non cediamo alla tentazione di indebite scissioni tra l’essere credenti dell’ascolto e l’essere credenti dell’ospitalità.
Marta e Maria vanno sempre considerate in unità: il modo migliore di essere Marta è essere Maria, che deve sempre generare accoglienza e servizio.
“…tutto ciò che è fecondo socialmente, in ultima istanza scaturisce dalla solitudine della persona in Dio e con l’interesse che Dio nutre per il mondo” (H.U.Von Balthasar).
Buona Domenica.
✠ Francesco Savino