XVIII Domenica del tempo ordinario anno B

Es 16,2-4.12-15; Sal 77; Ef 4,17.20-24; Gv 6,24-35

04-08-2024

 

 

Tutto il quarto Vangelo è attraversato dalla domanda: che cerchiamo? Dal primo capitolo, quando Gesù chiede ai due che lo seguono “Che cercate” (Cfr. Gv 1, 38) fino al ventesimo capitolo, quando il Risorto chiede a Maria di Magdala “Chi cerchi?” (Cfr. Gv 20, 15)… qui al capitolo sesto ugualmente si pone questo problema: “Voi mi cercate non perché avete visto dei segni, ma perché avete mangiato di quei pani e vi siete saziati”: perché avete mangiato quei pani e vi siete saziati!».

Dal “cosa” o “chi” si cerca al “perché” cercare Gesù. Una ricerca che qui è sviata da una motivazione gretta e cieca; una ricerca che è inficiata dalle incapacità a leggere il segno dei pani! Più avanti si vedrà che la folla non ha colto il segno, tanto che chiede a Gesù un’opera, un segno. Come se non avesse già ricevuto proprio un’attualizzazione del segno della manna!

Il problema è cercare per poi credere per poi andare a Lui! Cercare Gesù perché Lui è il termine della vera fede e Lui è il Pane della vita che compie l’antico segno della manna! Il punto è mettere a fuoco la domanda del nostro cuore. Non è un percorso semplice.

“In realtà la gente è ancora al livello della lamentazione sterile chechiede “miracoli” come il popolo nel deserto.. la gente è ancora in stato di morte… cercano Gesù non per  consegnarsi a Lui, ma per usarlo! Se non si cerca Gesù per fidarsi pienamente di Lui non si può passare dalla morte alla vita (Cfr. P. Fabrizio Cristarella Orestano).

In questo dialogo del Vangelo di oggi si nota come Gesù e la folla parlino su due livelli diversi: Gesù parla di una rivelazione che deve rinnovare totalmente l’uomo, la folla rimane ad un livello utilitaristico, dove ciò che conta è ricevere risposte ai bisogni materiali, concreti. Lo stile educativo di Gesù vuole accompagnare la folla ad acquisire uno sguardo sulla realtà, a credere, ad aderire a lui, come inviato dal Padre, da Dio. Gesù parla di un pane che “discende dal cielo” e che dà la vita al mondo, e le folle chiedono un pane materiale che risponda solo ai loro bisogni. Di fronte a questa totale incomprensione da parte della folla, Gesù non si ferma e pronuncia la sua auto-rivelazione: “Io sono il pane della vita, chi viene a me non avrà più fame, chi crede in me non avrà più sete”. L’evangelista Giovanni vuole qui affermare con chiarezza che Gesù è la risposta di senso a tutte le domande più profonde che abitano il cuore dell’uomo.

“Agostino, nella sua ampia lettera sulla preghiera indirizzata a Proba, una vedova romana benestante e madre di tre consoli, scrisse una volta: In fondo vogliamo una sola cosa – “la vita beata”, la vita che è semplicemente vita, semplicemente “felicità”. Non c’è, in fin dei conti, altro che chiediamo nella preghiera. Verso nient’altro ci siamo incamminati – di questo solo si tratta. Ma poi Agostino dice anche: guar-dando meglio, non sappiamo affatto che cosa in fondo desideriamo, che cosa vorremmo propriamente. Non conosciamo per nulla questa realtà; anche in quei momenti in cui pensiamo di toccarla non la raggiungiamo veramente. “Non sappiamo che cosa sia conveniente domandare”, egli confessa con una parola di san Paolo (Rm 8,26). Ciò che sappiamo è solo che non è questo. Tuttavia, nel non sapere sappiamo che questa realtà deve esistere. “C’è dunque in noi una, per così dire, dotta ignoranza” (docta ignorantia), egli scrive. Non sappiamo che cosa vorremmo veramente; non conosciamo questa “vera vita”; e tuttavia sappiamo, che deve esistere un qualcosa che noi non conosciamo e verso il quale ci sentiamo spinti» (cfr. Julian Carròn)

È chiaro che Gesù non disprezza, evidentemente, di dare anche risposte concrete a bisogni reali ma il rischio è sempre fermarsi a vivere ad una sola dimensione. Gesù puntualizza in questa rivelazione che lui racconta un Dio che è capace di dare la “vita eterna”.

Nel linguaggio giovanneo la vita eterna è la vita di Dio vissuta qui ed ora nella carne e nella storia degli uomini. Chi si ciba di Gesù immette nelle sue vene la vita stessa di Dio e diventa capace di amare come ama Dio. “La “vita eterna” è ancora, con il linguaggio dell’autore della Lettera ai cristiani di Efeso, come abbiamo ascoltato nella seconda lettura di questa domenica, quell’essere rivestiti di Cristo; “vita eterna” è quel mostrare Cristo in ogni gesto, parola, azione e pensiero: la “vita eterna” è dunque l’uomo nuovo creato secondo Dio! Sedere alla mensa del Pane di vita è lasciar plasmare in noi, di Eucaristia in Eucaristia, questo uomo nuovo che splende di “vita eterna”, che splende della vita di Dio!” (Cfr. P. F. Cristarella).

 

   Francesco Savino

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