ascensione del Signore

ascensione del Signore
12-05-2024

 

At 1,1-11; Sal 46; Ef 4,1-13; Mc 16,15-20

Domenica  12  Maggio  2024

 

Che cosa celebriamo nella Solennità dell’Ascensione del Signore?

Opportunamente e significativamente Luciano Manicardi annota: “Innanzitutto il compimento della missione del Figlio: “Sono uscito dal Padre e sono venuto nel mondo; ora lascio di nuovo il mondo e vado al Padre” (Gv 16,28). Il mistero dell’amore di Dio per l’uomo, manifestato come discesa e abbassamento nell’Incarnazione, trova la sua pienezza nell’Ascensione, con cui il Figlio porta nella vita trinitaria la carne umana e ci conduce a confessare che alla destra del Padre siede ormai un corpo umano, la carne di Cristo che è anche la nostra carne, la condizione della nostra umanità. Nel Cristo asceso “quale primogenito tra molti fratelli” (Rm 8,29) c’è la caparra della nostra destinazione ultima, c’è la memoria della nostra chiamata alla piena “partecipazione alla natura divina” (2Pt 1,4). Così l’Ascensione celebra anche il mistero della salvezza a cui siamo chiamati: la vita in Dio per sempre nel Figlio. E infine nell’Ascensione contempliamo il compimento di una parola della Scrittura. Il Cristo che sale al cielo e siede alla destra del Padre adempie al comando “Siedi alla mia destra” (Sal 110,1) rivolto da Dio al re-messia nell’Antico Testamento, che accompagnava l’ascesa al trono e la presa di possesso, da parte del nuovo re, del palazzo regale che si trovava appunto alla destra del Tempio, della dimora di Dio. L’Incarnazione e l’Ascensione sono allora i due poli di un unico mistero di obbedienza del Figlio alla volontà di amore e di salvezza universale del Padre”.

Il racconto dell’evento dell’Ascensione è riportato sia da Luca nel Vangelo e negli Atti che dall’evangelista Marco, in una finale aggiunta al testo originario. Marco così dice: “Il Signore Gesù, dopo aver parlato agli Undici, fu elevato in cielo e sedette alla destra di Dio” (Mc 16, 19).

Il Cristo ascende al cielo dopo aver lasciato una parola ai discepoli. Il suo distacco non è muto, ma accompagnato da parole. I discepoli dovranno ricordare tutte le parole che Gesù ha rivolto loro, che sono la sua eredità, di cui i discepoli ora sono responsabili.

Il libro di Qoelet dice che le parole “sono come frecce” (Qo 12, 11), cioè indicano, orientano, danno un senso e una direzione. Le parole vanno custodite perché vanno proclamate e testimoniate e vissute nel nuovo contesto.

Marco prima di dirci che fu elevato in cielo consegna delle parole che invitano all’annuncio, alla predicazione e alla missione, che costituiscono il mandato di Gesù: “Andate in tutto il mondo e proclamate il Vangelo a ogni creatura”. Possiamo dire con convinzione che nel momento in cui Gesù si sottrae fisicamente, inizia il tempo della Chiesa che è il suo prolungamento, che avrà come compito prioritario evangelizzare, annunciare e testimoniare la bella notizia di Gesù, soprattutto la sua Morte e la sua Resurrezione. La chiesa esiste per evangelizzare.

Spetta alla chiesa il compito di rendere visibile il volto di Cristo nella storia fino alla Parusia, il giorno in cui tutto finirà e sarà ricapitolato in Cristo.

Sostiene Adolphe Geschè: “La sorte di Dio ci è affidata nella misura in cui, portatori di Dio in questo mondo, è dal nostro atteggiamento che dipenderà la conoscenza e l’immagine che gli uomini si faranno di Dio. Dio stesso potrà essere buono, giusto e salvatore di un certo uomo soltanto se, in quel dato momento e in quelle date circostanze, io sarò buono e giusto con quell’uomo esercitando così nei suoi confronti, in qualche modo, quella potenza di salvezza che mi è stata comandata da Dio. Come dicevano i Padri della Chiesa, noi siamo le mani e le braccia di Dio”.

È significativo, e al tempo stesso bello, constatare che di solito nelle occasioni di distacco come quella dell’Ascensione, si sperimenta tristezza, smarrimento e abbandono, ma tutto ciò non accade ai discepoli. Non si mostrano sconsolati, anzi gioiosi e pronti a partire, obbedienti al mandato di Gesù.

Perché i discepoli non sono tristi? Perché anche noi, oggi, dobbiamo gioire a vedere Gesù che ascende al cielo?

Almeno per due motivi!

Il primo: “… perché nel tuo Figlio asceso al cielo la nostra umanità è innalzata accanto a te …”.

“Colui che discese è lo stesso che anche ascese al di sopra di tutti i cieli, per essere pienezza di tutte le cose” (Seconda Lettura).

Il primo motivo, pertanto, della gioia è che nell’Ascensione di Gesù l’umanità raggiunge il suo apice.

Il secondo motivo della gioia è: “… E noi, membra del suo corpo, viviamo nella speranza di raggiungere Cristo, nostro capo nella Gloria”.

L’esperienza cristiana consiste sempre nel vivere nella speranza, che non è una pia illusione, ma è una speranza concreta perché siamo Suo corpo, Sue membra, siamo indissolubilmente uniti a Lui.

Che grande dignità è quella cristiana!

Siamo tutti chiamati ad essere di Cristo, a vivere di Cristo, a raggiungere Cristo nella gloria.

Il nostro destino non è la morte ma è “l’Ascensione al cielo”.

Gesù è asceso al cielo, “per darci la serena fiducia che dove è Lui, capo e primogenito, saremo anche noi, sue membra, uniti nella stessa gloria” (Prefazio).

Che stupore: la stessa gloria! Questa è la speranza cristiana: crescere in Cristo fino alla sua pienezza.

L’Ascensione, allora, apre la nostra vita alla fiducia e alla speranza.

Oggi noi celebriamo concretamente e senza illusioni la nostra speranza, perché l’Ascensione per un verso è la chiusura dell’esperienza terrena di Gesù, ma per l’altro verso è l’apertura dell’attesa del suo ritorno nella gloria.

L’Ascensione inaugura il tempo della testimonianza.

Se c’è una identità di noi cristiani che non dobbiamo mai dimenticare né trascurare perché costituisce il nucleo essenziale è la testimonianza (martyria), fino al dono di noi stessi per Lui.

E la giornata di oggi, laicamente dedicata alle mamme, ci fa fare memoria di come alle donne in particolare sia dato di sperimentare nella propria carne il dono di se stesse per custodire e accompagnare la vita dell’altro gratuitamente dal concepimento alla nascita all’ingresso nel mondo. Esse contribuiscono generosamente a tessere le trame vitali della società, cementando il valore della famiglia, moltiplicando le energie in un tempo lavoro che spesso è tiranno nei loro confronti.

A tutte le mamme voglio ricordare di non aver timore di spendersi totalmente nel rapporto con i loro figli, considerando, però, che essi non sono un possesso, ma un dono da consegnare, arricchito di sapienza e libertà, al futuro del mondo. Come Maria sappiate amare con tenerezza, attenzione, autorevolezza, misericordia i vostri figli, accettando il destino di felicità che il Signore ha tracciato per loro.

Che sia una Domenica, quella di oggi, nella quale diventiamo consapevoli, tutti, che se è significativo il nostro destino, è altrettanto significativo il compito che ci viene affidato: essere testimoni, con l’annuncio e la vita, che Cristo è morto, è risorto ed è asceso al cielo per portarci tutti da Lui.

“Qui il Verbum Caro, nonostante la nostra abituale storditaggine, fa risuonare l’inaudito e paradossale invito: «Fai come Dio, diventa uomo». Esso entra nella profondità della storia di ognuno, invitando i credenti a non disertare. Diventare uomo è un’impresa tanto ardua che Dio stesso ha dovuto darci l’esempio” (Vittorio Possenti, Avvenire 5 maggio)

Buona festa dell’Ascensione!

 

   Francesco Savino

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